Anticamente, ed ancora oggi in Oriente, questa pianta evocava il simbolo della fertilità per il suo aspetto vagamente fallico. Gli sposi Romani ricevevano spesso in dono dei Cipressi di buon augurio di prosperità. nelle novelle mediorientali simboleggiava l’amante, forse per la sua forma fallica, la donna era invece evocata dalla rosa. Era anche l’immagine vegetale dell’immortalità, a causa delle foglie sempreverdi e del legno resistentissimo. I Persiani vi coglievano il simbolo del fuoco grazie alla sua forma evocatrice della fiamma e sostenevano che fosse il primo albero del paradiso. Già all’epoca dei Romani, il suo olio essenziale era sfruttato per creare fragranze profumate. La fama funeraria è nata con i Latini ed i Greci che lo consideravano l’albero dei defunti. In un racconto delle “Metamorfosi” di Ovidio, il giovinetto Ciparisso che aveva come unico amico un cervo, un giorno, inavvertitamente lo trafisse con un giavellotto mentre stava giocando. Per il dolore decise di togliersi la vita. Furono gli Dei, ascoltando le sue richieste, a tramutarlo in un Cipresso. Troviamo il Cipresso anche nel simbolismo celeberrimo del Foscolo nei suoi “Sepolcri”. Più prosaicamente secondo Teofrasto, il filosofo greco che nel IV secolo compilò la “ricerca sulle piante”, il cipresso fu consacrato fin dalle origini al dio dei morti, perché, una volta reciso il tronco, dai suoi polloni non nascono nuove piante. Non sempre il Cipresso evoca funebri immagini perché nel Cantico dei Cantici è citato come materiale per costruire la casa degli amanti.